La storia fatalmente si ripete. Come nel 2015 nessuno dei tre italiani in gara uscì con un premio, anche il terzetto del 2023 – Bellocchio, Moretti e Rohrwacher – non è riuscito a guadagnare neppure un riconoscimento al 76° Pageant di Cannes. La giuria presieduta dallo svedese Ruben Östlund si è orientata altrove, e in particolare ha assegnato la Palma d’oro alla cineasta francese Justine Triet per il suo buono (ma non così straordinario da massimo premio sulla Croisette) Anatomie d’une chute, ovvero Anatomia di una caduta.
Un interessante e intenso légal film costruito sul filo dell’ambiguità valorizzato dalla monumentale interpretazione dell’attrice tedesca Sandra Hüller che, curiosamente, è anche co-protagonista (e co-produttrice) del movie premiato con il Gran Prix, ovvero The Zone of Curiosity diretto dal britannico Jonathan Glazer ma in lingua tedesca su lontana ispirazione dell’omonimo romanzo di Martin Amis, purtroppo scomparso proprio in questi giorni. Si tratta del glaciale racconto della quotidianità della famiglia Höss ai bordi di Auschwitz, di cui il marito è alto ufficiale SS comandante in capo del lager. Glazer lo informa geometricamente facendo risaltare gli evidenti contrasti ordine/caos attraverso un sapiente lavoro sullo spazio visivo vs lo spazio sonoro.
Direttamente in Asia – grande protagonista geografica di questa edizione – sono andati i premi per la miglior regia (al vietnamita Trān Anh Hùng per il suo “gustoso” movie francese The Pot-au-feu dove si ritrovano come coppia sul set gli ex nella vita Juliette Binoche e Benoit Magimel), per l’interpretazione maschile (al superlativo giapponese Koji Yakusho, protagonista dell’ottimo movie di Wim Wenders, Good Days, che forse avrebbe sperato e meritato un premio più pesante e personale), per la sceneggiatura (al giapponese Yuji Sakamoto sceneggiatore di Monster del connazionale Hirokazu Kore-eda) e infine all’attrice protagonista (la vibrante turca Merve Dizdar per l’opera forse più bella, complessa e potente del concorso, About Dry Grasses del talentuoso Nuri Bilge Ceylan).
Per ultimo, ma assolutamente non ultimo, il Prix du Jury è andato al beniamino dalla critica di questo’anno, il finlandese Aki Kaurismäki con il suo poetico e sempre surreale Fallen Leaves, anch’esso possibile Palma d’oro del cuore.
Complessivamente si è trattata di un’edizione mediamente buona quella chiusasi stasera: tutti i movie premiati meritavano un riconoscimento ma forse in maniera differente, e certamente diversi altri avrebbero altrettanto (o anche di più) meritato di stare sul palco dei palmati. Advert esempio il corposo cinese Wang Bing, il commovente Ken Loach, e perché no almeno uno dei nostri portabandiera. Concorso archiviato, di Cannes 2023 resteranno anche la straordinaria presenza di Martin Scorsese con i suoi attori De Niro e DiCaprio a suggellare l’ennesimo grande suo movie posto fuori concorso. Ma anche l’ultimo Indiana Jones con un vivacissimo Harrison Ford, il nuovo lavoro dopo 30 anni del misterioso spagnolo Victor Erice, la palma onoraria a Michael Douglas e le parole militanti di Jane Fonda, che ha consegnato la Palma d’oro (con grande orgoglio femminista) alla vincitrice.